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Il lavoro in Vaticano: un solo giorno di permesso per la nascita dei figli, sanzioni disciplinari anche per la condotta nella vita privata

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diGiovanni Viafora

Il «codice» che regola l'impiego dei 5mila dipendenti del Papa. Dalle ferie ai divieti, discrezionalità e mancanza di tutele. Agli stagisti è chiesto di firmare un documento in cui rinunciano a paga e assicurazione. E il Washington Post commenta la class action dei 49 addetti dei Musei: «Sfida pubblica al governo di Francesco»

«Un'insolita sfida pubblica al governo di Papa Francesco», scrive il Washington Post a proposito della «class action» dei 49 dipendenti dei Musei vaticani (notizia data in esclusiva proprio dal Corriere domenica scorsa) che, tramite una delega collettiva all'avvocata Laura Sgrò, hanno chiesto al Governatorato della città-Stato il riconoscimento di alcuni diritti fondamentali in tema di lavoro, non ancora tutelati tra le mura di San Pietro. Un articolo che sottolinea come «leggi, regolamenti e pratiche vaticane risultino spesso incompatibili con le norme italiane ed europee».

D'altronde si è già detto: se la Chiesa, negli anni, è riuscita a maturare, anche in campo giuslavoristico, una moderna e sofisticata rete di prescrizioni e di convinzioni (si vedano i principi e gli insegnamenti della Dottrina sociale); l'impressione è che quegli stessi principi non siano ancora arrivati a permeare la legislazione interna. Quella del piccolo «Stato pontificio», alle cui dipendenze opera una flottiglia di circa 5mila dipendenti (molti dei quali sono cittadini italiani) e che resta a tutti gli effetti una «monarchia assoluta» (si pensi solo, tra le altre cose, che il Vaticano non ha mai sottoscritto la Convenzione europea dei diritti dell'uomo).

Niente sindacati

Il testo della «class action» dei custodi dei Musei vaticani ha messo in rilievo per la prima volta alcune delle criticità più evidenti a livello di sistema: sindacati non riconosciuti; assenza di ammortizzatori sociali; mancanza di chiarezza nei processi di valutazione interni (vedi in tema di maturazione degli scatti di anzianità o dei progressi di carriera); decisioni abnormi dal punto di vista salariale («il monte ore negativo» computato a ciascun dipendete rimasto forzatamente a casa durante il lockdown, che ora viene riappianato con trattenute in busta paga). Ma quali sono, quindi, le norme che regolano i rapporti di lavoro in Vaticano? Quali sono le specificità e quali sono le tutele che vengono garantite? Il Corriere è in grado di svelarlo, dopo aver analizzato le norme e i documenti ufficiali.

Il Regolamento del Governatorato

Il codice di riferimento è il «Regolamento per il personale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano», un testo promulgato nel 2010 al termine di un lavoro biennale, affidato all'epoca ad una commissione guidata da monsignor Giorgio Corbellini, che aggiornò alcuni documenti precedenti, a partire dal «Regolamento per gli Uffici e Servizi del Governatorato» risalente al 1932 (si tenga presente che il Governatorato, l'organismo che esercita il potere esecutivo nella città-Stato e da cui dipendono le varie Direzioni amministrative, dalla Logistica ai Musei, è del 1929), con l'obiettivo di «elaborare una legislazione che meglio tutelasse la dignità del lavoro». L'abbiamo letto ed ecco cosa contiene.

«Servire Cristo»

La prefazione al testo, composto di 11 titoli per soli 94 articoli (in Italia le fonti principali sono il Titolo V del Codice civile, dagli articoli 2082 a 2134 e lo Statuto dei lavoratori), mette subito in chiaro quale sia la cornice peculiare della legislazione vaticana: «Il nostro lavoro - si legge - costituisce un supporto al ministero del Papa. (...) Dovrebbe essere per tutti noi motivo di orgoglio, un orgoglio illuminato dalla fede di chi sa di servire, con la propria vita e la propria attività, alla Chiesa e a Cristo stesso». Le nomine dei vertici del Governatorato quindi sono tutti di nomina papale: Presidente, Vice-segretario, i Direttori e i vice-direttori. E sono proprio i Direttori che hanno «competenza sui provvedimenti riguardanti l'organizzazione del lavoro» (art 5, comma 2). Il lavoratore vaticano deve fare i conti - da solo - con loro.

La «professione di fede» 

Si parte con le norme che regolano le «assunzioni». I criteri di scelta sono: «Sicura onestà, solidi principi morali e religiosi e comprovata competenza». E si può comprendere. Nelle assunzioni, si legge inoltre, «si tiene in particolare considerazione l'impegno nella comunità ecclesiale». Per l'«assunzione di richiede «professione di fede cattolica e vita secondo i suoi principi» . Per i livelli più alti, inoltre, il Vaticano chiede ogni due anni una dichiarazione in cui si attesti, tra le altre cose, «di non detenere partecipazioni di qualsiasi genere in società o aziende che operino con finalità e in settori contrari alla Dottrina Sociale della Chiesa». «Prima di ogni assunzione - precisa dunque l'articolo 12 - si provvederà nel modo ritenuto più opportuno ad accertare l'idoneità morale e religiosa del candidato» (una prescrizione che, in Italia, incontrerebbe il divieto dell'art. 8 dello Statuto dei lavoratori).

Periodo di prova fino a due anni

Dopo l'assunzione il periodo di prova dura però «almeno un anno, non prorogabile oltre un biennio» (in Italia di norma non supera i 6 mesi). Questo aspetto rende il lavoratore più debole per un periodo straordinariamente lungo (in Italia, di norma, non si possono superare i 6 mesi). Durante il periodo di prova, infatti, il «dipendente ritenuto non idoneo può essere dimesso con provvedimento insindacabile del Presidente del Governatorato (un cardinale, come è stato detto, ndr)».  Ogni tre mesi è prevista una «circostanziata valutazione sulla condotta e sul rendimento professionale». Ci possono essere «stage» (art.32), ma «studenti o giovani già qualificati» (...) devono fare una «dichiarazione scritta secondo cui il candidato non attende un compenso economico né una copertura assicurativa da parte del Governatorato».

Le continue valutazioni

Il tema delle «valutazioni» è centrale e ritorna più volte nel Regolamento. «Il responsabile immediato è tenuto ad informare annualmente il Direttore (...) circa la dedizione, la professionalità, il rendimento e la correttezza di ciascun dipendente», recita l'articolo 16. E «qualora la valutazione complessiva risultasse insufficiente potranno essere avviate le procedure disciplinari». I criteri di queste valutazioni, tuttavia, non sono esplicitati.  Ugualmente per quanto riguarda gli «scatti biennali», il Regolamento sostiene che «sono assegnati ogni due anni». Ma «la misura è le modalità di pagamento sono stabilite da apposite norme». Dicono i dipendenti: «Nessuno le conosce, sono esclusiva dei superiori». 

«Curare l'aspetto esteriore»

Si arriva ai «Doveri» dei dipendenti, disciplinati dall'articolo 18. Forse il capitolo più «sensibile». I dipendenti - si legge - «hanno il dovere di svolgere il proprio lavoro (...) in spirito di (...) disponibilità a prestare la propria opera, ovunque sia necessario». Devono essere «pronti anche, in caso di necessità a collaborare in compiti non attinenti alle proprie funzioni». Sono «tenuti ad osservare rigorosamente il segreto d'ufficio anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro» e «a professare la fede cattolica anche nella vita privata, a comportarsi secondo i suoi principi e a tenere una esemplare condotta morale e civile». Una prescrizione, quest'ultima, di ampia discrezionalità, che infatti è causa di contenziosi delicatissimi con il personale. Ancora: i dipendenti «sono tenuti - recita il comma 6 - ad avere cura del proprio aspetto esteriore in conformità alle esigenze e alle consuetudini»; nonché a «comunicare tempestivamente le variazioni concernenti la composizione della propria famiglia». È vietato, infine, «prendere parte a manifestazioni che non siano confacenti al carattere di collaboratore del Governatorato». Tutte questioni personali (se non proprio di natura etica), come si può ben capire, che incidono però direttamente sul rapporto di lavoro.  

«Condotta disdicevole nella vita privata»

Tutti temi che ritroviamo nel capitolo sulla «Disciplina» (art.50). «La condotta del dipendente nella vita privata, se contrasta con i principi della fede e della morale cattolica o può recare pregiudizio alla dignità ed al decoro del servizio svolto (...) può fare luogo a procedimenti disciplinari». Anche questa una prescrizione in cui la discrezionalità è amplissima e lascia molti margini di manovra al datore di lavoro. Per esempio: una relazione omosessuale contrasta con i principi della fede? Può essere causa di contestazione? La «condotta disdicevole nella vita privata» è causa di ammonizione (una delle sanzioni previste contro cui non si può fare ricorso, tra l'altro).  

In caso di ritardo...taglio della busta paga

Sull'orario di lavoro il Regolamento esplicita che esso «è stabilito in 36 ore settimanali». Le prescrizioni sono severe. In caso di «inosservanze occasionali», come i ritardi, «è applicata una ritenuta sulla retribuzione in ragione del tempo sottratto al servizio». Il «ricorso agli straordinari» deve essere «limitato ai casi di effettiva necessità», dice il testo del «codice». Nella «class action», tuttavia, i 49 dipendenti dicono che lo «strumento è abusato» dal datore di lavoro. E, soprattutto, che oggi - dopo il Rescritto del 2015 «Ex Audienza Ss.mi», una sorta di aggiornamento al Regolamento - viene «pagato meno del lavoro ordinario». Sulle festività e i riposi, vi sono delle peculiarità: «Si dovrà garantire nei giorni di domenica e negli altri giorni di Precetto la possibilità di partecipare alla Santa Messa». Mentre sono giorni di vacanza, tra gli altri, «l'anniversario della elezione del Sommo Pontefice e il suo onomastico». 

Le ferie? Non cumulabili. Le norme su malattia e nascita dei figli

Gli aspetti controversi non finiscono. «Le ferie non sono cumulabili con quelle godute nell'anno solare precedente». Per esigenze, e «previa autorizzazione», possono essere fruite entro il 31 marzo dell'anno successivo. In ogni caso si azzerano ogni anno. Il Papa parla di famiglia, tuttavia, «in occasione della nascita di un figlio» al dipendente spetta un solo giorno di permesso (art. 35), da «fruire entro 30 giorni dall'evento» (in Italia sono 10 giorni). E si arriva alla malattia (art. 36), uno degli articoli più critici e contestati (non a caso, è la prima doglianza dei 49 addetti dei Musei vaticani contenuta nell'istanza): «Nel caso di malattia», dice infatti il Regolamento, il dipendente deve indicare «il luogo dove in qualsiasi momento egli possa essere reperito», perché «in qualsiasi momento può essere disposto il controllo».  Significa che non ci si può spostare di casa, neanche per andare dal medico per 24 ore. «Come se fossimo in custodia obbligata», hanno denunciato i dipendenti. In Italia, come si sa, a tutela dei lavoratori sono indicate delle «fasce orarie», naturalmente. E sempre all'interno del normale orario di lavoro.   

Se il provvedimento è del Papa... non ci si può appellare

A gestire tutti i contenziosi è l'Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica, l'Ulsa, istituita con motu proprio da Giovanni Paolo II, il quale fu il primo pontefice a comprendere la delicatezza dei temi legati ai rapporti di lavoro in Vaticano (è stato l'unico anche a dare una certa dignità all'Associazione dei dipendenti laici del Vaticano, l'Adlv, che tuttavia non ha mai preso le forme di un vero sindacato). A regolare la procedura è un apposito Statuto (composto da soli 21 articoli). La competenza dell'Ufficio «si riferisce al lavoro in tutte le sue forme», è scritto. Il Presidente è nominato dal Papa in persona, così come anche i Direttori, giusto a mettere le cose in chiaro. Ci sono vari gradi di giudizio, si parte dal tentativo di conciliazione: «Il ricorrente deve comparire personalmente», dettaglia l'articolo 15. Nessuna tutela sindacale. C'è la possibilità di «farsi assistere» da un collega o «da un pensionato della propria amministrazione».  Per quanto riguarda la controversie «chiunque ritiene di essere leso da un provvedimento amministrativo in materia di lavoro - dice l'articolo 11 - può proporre istanza», «salvo che lo stesso provvedimento risulti approvato in forma specifica dal Sommo Pontefice». Contro il successore di Pietro, non ci sono santi a cui appellarsi.

18 maggio 2024 ( modifica il 29 maggio 2024 | 17:19)

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